È lei!

È lei!

venerdì 19 luglio 2013

Voi che per li occhi mi passaste 'l core - un ripasso

Voi che per li occhi mi passaste ’l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.

5E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.

Questa vertù d’amor che m’ha disfatto
10da’ vostr’ occhi gentil’ presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.

Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto,
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ’l cor nel lato manco.

È un po' che sono in fissa con Cavalcanti, è che so' romantica. Anzi, Stilnovista - la fissa su Leopardi mi è passata. 
Insomma, che è che ho scritto? Un SONETTO, signori della Corte. 

Perché è un sonetto? Cos'è un sonetto?
Il sonetto (< provenzale sonet) sebbene derivi il suo nome da “so”, suono, sembra che, fin dall’inizio, non abbia avuto nulla a che fare con la musica. Vi ricordate che prima si cantavano le poesie, giusto? Siamo certi che si tratti di una forma metrica Italiana, precisamente della scuola siciliana – l’inventore potrebbe essere Giacomo da Lentini. Un sonetto, diciamo, “normale” è formato da 14 endecasillabi divisi in due parti, una da 8 e una da 6. La prima parte (ottava) si divide in due quartine, la seconda (sestina) in due terzine. L’avreste mai detto?
Può seguire due modelli di schema metrico: ABAB-ABAB-CDE-CDE o ABBA-ABBA-CDC-DCD.
Eh, sì, ma questo è diverso.  Infatti, sono “legittime” tutte le combinazioni possibili tra 2 o 3 rime, nelle terzine. Potremmo sbizzarrirci a parlare di tipi di sonetto, caudato, continuo, doppio, incatenato, metrico, minore, retrogrado, rinterzato, ritornellato, semiletterato…

«Nessuno stilnovo fu più dolce di quello cavalcantiano»
Insomma, voi immaginatevi Cavalcanti. Eh, no, non è che fosse proprio un bell’uomo. Cominciamo a ricordarci della bataglia di Montaperti (1260), Guido doveva essere nato un paio d’anni prima. Montaperti è vicino Siena: si scontrano guelfi (Firenze, Arezzo, Lucca e altri – sostengono il Papa) e ghibellini (Siena, gli Svevi e Pisa – sostengono l’Imperatore). I guelfi perdono e so’ cazzi per la famiglia di Guido che finisce bellamente in disgrazia. 6 anni dopo, non temete, si rifanno dopo la vittoria nella battaglia di Benevento. Per fare pace per sempre con i nemici, al povero ragazzino viene promessa la figlia di Frainata degli Uberti (che è nell’Inferno di Dante, tra gli eretici, accusato di essere un epicureo), Bice. Cosa succede, frattanto? Nel 1289 c’è la celeberima battaglia di Campaldino, a cui partecipa anche Dante. I guelfi vincono e l’egemonia di Firenze sulla Toscana è garantita. Nel 1300, Guido verrà esiliato, più o meno a giugno, per essere richiamato moribondo (ah, la malaria!) ad agosto. Che c’entra con il sonetto?
Diciamo che 800 anni fa, l’impegno politico non poteva vivere su un’altra dimensione rispetto a quello poetico. Pensate a Dante, all’esilio, all’Imperatore, al Papa, che ansia. C’entra, c’entra. La battaglia di Campaldino è un vero e proprio spartiacque, non solo politico. Per fare una citazione scontata, un guelfo fiorentino avrebbe potuto dire, dopo la vittoria, “incipit vita nova”. Il rinnovamento tangibile che avvenne in seguito fu non solo politico ed economico, ma anche culturale[1]. E cosa succede? C’è uno spostamento di gente, libri, copisti verso Firenze che sente, allo stesso tempo, la necessità di scollarsi da una tradizione vecchia e provenzale.
Ecco il dolce stil novo, dunque, che deve il suo nome al dialogo tra Dante e Bonagiunta da Lucca, che avviene in Purgatorio.
Dante, insomma, incarna ciò che abbiamo appena detto – si ribella contro la scuola siciliana e promuove una poesia che incarni veramente Amore e i suoi segni tangibili e comunicabili. Infatti, nella sua Vita Nova, Dante ci parla di Amore non in quanto sostanza, ma in quanto accidente della sostanza. Fondatore della scuola è Guinizzelli, tant’è che Dante (sempre nel Purgatorio) lo chiama “padre”.
Ora diamoci al sonetto.
Nei primi due versi, ecco i segni del’innamoramento che, tremendo, passa attraverso gli occhi e, come gia in Guinizzelli (Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo), sconvolge l’amante, gli desta la mente che riposava tranquilla e lo lancia in uno stato di fibrillazione a mo’ di squalo bianco. Amore è forte come un guerriero (vèn tagliando) e si fa strada dentro il corpo di Guido, i cui inquilini (gli spiritelli) sloggiano. Cosa rimane? Una specie di involucro a forma di Cavalcanti e la sua voce lamentosa. Ma che gli è successo? È partito un dardo dagli occhi della donna amata, e quel dardo l’ha colpito al fianco, dritto per dritto, tanto che l’anima ha avuto un sussulto e il cuore – colpito in pieno – è stato ucciso.


[1] AA.VV, Poesie dello Stilnovo, a cura di M. Berisso, BUR, 2009

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