È lei!

È lei!

giovedì 15 dicembre 2016

Scene da un (ex) matrimonio.




Quando ti sposi, la famiglia converge in un ultimo, regale sforzo economico e sgancia gli ultimi soldi, conscia che sono gli ultimi davvero e che il pulcino è pronto per spiccare il volo. Io l’ho spiccato relativamente presto, appena ventenne. Aveva ragione mia madre che non me l’ha mai detto perché è una vera signora, ma pensava “Che cazzo sta facendo, mia figlia, non pensavo si fosse drogata così tanto”. Non che siamo mai stati liberali, in materia di droga, in casa mia.
Mia madre ha scambiato il mio matrimonio con il mio funerale, si è presentata vestita di nero e con gli occhiali scuri, portando con sé due container di fazzoletti. Aveva ragione mia madre. Comunque le nonne sono sempre felici ai matrimoni e penso che, se mi sono sposata, almeno loro hanno passato una bella serata. Le nonne ti guardano soddisfatte, sei la prima nipote che si sposa. Hanno gli occhi lucidi e un sorriso complice mentre ti allungano l’ultima bustina con i regolari cinquanta euro, un po’ gonfiata per l’occasione. Ah, noi siamo genovesi, di famiglia.
Quando vedi le nonne sedute al tavolo, felici di te e libere dal terrore che rimarrai zitella a vita come la nipote di quella loro amica che ha trent’anni e non ha ancora trovato un bravo ragazzo che se la sposi, pensi che anche se la tua vita matrimoniale sarà una fedele riproduzione di dieci ergastoli ad Alcatraz, almeno le hai rese contente. Non ti dicono, le nonne, che passerai l’85% del tuo tempo libero a pulire lo sporco creato da altri. Per le nonne è normale, è la vera realizzazione della vita di una donna. Anche quanto a femminismo non andavamo fortissimi, in casa mia.
Aveva ragione mia madre perché probabilmente c’era già passata lei, ma i tempi non erano maturi per scappare per il mondo e far perdere le tracce di sé, oppure c’è rimasta incastrata come me, mia madre, inseguendo un sogno di perfezione borghese che non ci appartiene.
Quando ti sposi non ti danno un bel libretto delle istruzioni con un elenco di tutte le cose a cui puoi dire addio per sempre perché le hai barattate inconsapevolmente con un contratto a tempo indeterminato con la noia e il male di vivere. Anche un pieghevole incomprensibile con l’omino stilizzato di IKEA che mima un possibile: “Calo del desiderio in 3…2…1…” andrebbe bene. La butto lì, per una futura pubblicità progresso.
Quando ti sposi è ovviamente tutto meraviglioso, ti muovi per casa a grandi balzi come Bambi innamorato nel cartone Disney. Anche anni dopo ti muovi a grandi balzi principalmente per evitare il partner che ti sedimenta in giro per casa.
Ma un matrimonio fallimentare è una spinta inesorabile verso l’infinito e oltre della tua professionalità. Vivi in ufficio, dove non è necessario muoversi a grandi balzi, perché i tuoi colleghi hanno una vita vera e ad un certo punto sembrano anche felici di tornarsene a casa. Tu apri e chiudi l’ufficio. Vai in palestra prima e dopo l’ufficio. Quando torni a casa, hai comunque del lavoro da finire o un documento importante da leggere. Nei giorni del fine settimana in cui sei particolarmente performante, riesci a infilare sedici ore consecutive di silenzio annoiato in presenza del partner, evitando anche frasi di circostanza che dedicheresti anche al chihuahua sordo della vicina. Se sei in forma, riesci ad apparecchiare la tavola in modo tale che il tuo lui non debba nemmeno chiederti di passargli il sale.
La tua presenza di orpello parlante è spesso fonte di scocciatura. Le tue velleità sociali fonte di discussione e turbamento dell’altrimenti imperturbabile pax familiae. La tua vita sociale viene fagocitata dalle altrui abitudini e, ovviamente, si dissolve nel giro di pochi mesi. Finita, morta.
La discoteca rimane un ricordo di tempi passati, come quando le nonne ti raccontano di quando in guerra si faceva il caffè con la cicoria. «Con la cicoria, nonna?». Curarsi, vestirsi bene, depilarsi sono attività riservate ai grandi eventi mondani cui prendi parte in ambienti tutelati, in case di riposo riconvertite a luoghi di incontro per persone ormai sessualmente innocue.
La fase suicida e autolesionista che pensavi di esserti lasciata alle spalle con la morte di Kurt Cobain fa timidamente capolino tra un rifiuto e l’altro.
Non si può fare niente, e la tua vita si riduce a timidi rimbalzi tra il giardinaggio e la pappa per i gatti, mentre i tuoi contatti con l’esterno si limitano al lavoro. Non ti vedono da quasi sei mesi, al pub. Non c’hai una lira ed è vero. Dopo le 22.30 non si esce che fa freddo e ci sono i drogati al volante. Non si esce dal proprio rione perché fuori c’è l’aperta campagna ed è pieno di drogati che guidano con il freddo. Il pub dove ci sono tutti i tuoi amici è un posto di merda e non ci si può andare, perché è probabile che i tuoi amici siano proprio gli stessi che poi sfidano il freddo per mettersi, drogati, al volante.
Il minimo approccio di un tuo coetaneo, anche se ubriaco al volante, nel gelo della notte in aperta campagna, non fa pensare ad un amore non ricambiato: si pensa subito al dolo, che ci sia il tuo zampino nel mancato rilascio dei nostri marò e viene istituito un pubblico processo.
Speri che la tua squadra del cuore scenda in B per poter piangere e liberarti con una scusa del rivo strozzato e del cavallo stramazzato che ti si sono depositati sullo stomaco privi di tutta la bellezza della metrica del Montale. Ma quegli undici mangiapane a tradimento + riserve galleggiano a metà classifica nonostante una serie di prestazioni degne degli ubriachi di cui sopra, spostati da dietro al volante a dietro al pallone.
Quando riemergi dalla coltre di accidia di oblomoviana memoria, alcuni ti trovano anche spigliata e interessante, ma tu non interagisci nella speranza di compiacere il marito che, invece, interagisce eccome.
Ricominci a leggere miliardi di pagine al mese. Coltivi qualsiasi specie sia mai esistita. Fai volontariato. Punto croce, uncinetto, maglia. Vivi di dieta, fitness e palestra. Non parli da quattro giorni se non per scambiare convenevoli e dare indicazioni di sorta sull’ubicazione dell’abbigliamento nell’armadio.
Non si scopa. Sostanzialmente, il problema non è il silenzio, è che non si scopa. Mai, per nessun motivo, nemmeno per sbaglio. L’appagamento del desiderio sessuale non galleggia a metà classifica, è sprofondato in Lega Pro e non ha alcuna intenzione di tornare agli antichi splendori della massima serie.
Cominci a guardare con brama quasi-quarantenni che non si arrendono al passare lento e inesorabile del tempo e preferiscono continuare a bere in posti radical chic per essere certi di accogliere l’alba dell’avvenire con dei postumi colossali. Guardare, non toccare. Al massimo chattare, rispondere con cortesia e rifiutare con un sorriso. I tuoi ex riemergono come lumache dopo la pioggia, ma tu sai cos’è l’atarassia e ti appelli ai tuoi studi classici per risultare non solo imperturbabile, ma un vero exemplum, che Lucrezia, moglie di Collatino, non regge il tuo confronto.
La soluzione mista a tentazione fa perennemente capolino dietro a ogni angolo, guardi con brama anche l’ignaro passante, investi con la logorrea di chi non parla da giorni malcapitate centraliniste che volevano solo farti cambiare gestore.
Ma le mie nonne che ne sapevano: il problema è che sono dimagrita e non so come dirglielo.





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